Nel mondo occidentale, si è verificata da tempo una netta divisione tra
lavoro manuale e lavoro intellettuale. Nella convinzione che, ad
esempio, nell'arte ci fossero coloro che, basando la propria produzione
sull'abilità manuale, sulla perizia, fossero in qualche modo "inferiori"
a coloro che invece non avendo queste conoscenze, siano da considerarsi
"superiori". La conseguenza più singolare di questo atteggiamento
mentale, è stata una mostra recente in
cui non era esposto assolutamente nulla. Ora, pur comprendendo appieno
tutte le elucubrazioni che probabilmente si sono fatti l'artista, il
critico e il gallerista in questione, e senza voler essere "accademico",
vorrei rilevare che, nella cultura orientale, dove il tema del vuoto è
da sempre presente, non è mai stato disgiunto dal prodotto,
dall'eccellenza, dalla perizia manuale. L'importanza del vuoto è sempre
evocata dal pieno e dall'eccellenza con cui esso viene prodotto. Vuoto e
pieno convivono in una sintesi in cui l'abilità manuale è portata al
sua massima espressione. Il vuoto è il risultato di un'attività che
coinvolge tutto l'essere: l'esperienza, la pratica reiterata e costante,
il controllo introiettato della mano, ed è tutto ciò che porta
all'espressione, all'arte e in ultima analisi ad un fare che crea
conoscenza.
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