La moltiplicazione dei segni, il bombardamento dei messaggi cui siamo sottoposti e il continuo aumento del livello del “segnale” emesso, caratterizzato anche dall’ossessiva ricerca dell’originalità, sono una vera e propria forma di inquinamento con una significativa influenza sui linguaggi, le forme e in definitiva, sui contenuti.
L’integrazione e la diffusione dei mezzi di comunicazione, ci allontana dall’esperienza concreta e ci porta a considerare vero solo ciò che è mediato. Attori, politici, giudici, architetti, giornalisti, assassini, tutti sappiamo che la pena per chi non partecipa all’esposizione colletiva dei media è l’inesistenza.
Non che in precedenza fosse diverso, simboli, miti e cattedrali, avevano la stessa funzione, di nuovo c’è che tutto avviene on line, in tempo reale.
Come in quella che viene definita “l’economia reale” dei prodotti e delle merci, anche la produzione delle idee, avviene con gli stessi ritmi e le stesse finalità. In realtà le due cose coincidono, il prodotto è sempre più il messaggio.
La definitiva realizzazione della creatività di massa ha portato alla proliferazione dei messaggi, a un consumo inconsapevole, un fast food di forme e contenuti con le caratteristiche di una discarica planetaria.
Diventa vitale tentare una specie di rifondazione del linguaggio, basato su un processo a togliere, che definirei “ecologia della comunicazione”. Operare una scelta radicale per approdare ad una sorta di “astrazione condivisibile” che promuova una “strategia creativa dell’ordine”.
L’integrazione e la diffusione dei mezzi di comunicazione, ci allontana dall’esperienza concreta e ci porta a considerare vero solo ciò che è mediato. Attori, politici, giudici, architetti, giornalisti, assassini, tutti sappiamo che la pena per chi non partecipa all’esposizione colletiva dei media è l’inesistenza.
Non che in precedenza fosse diverso, simboli, miti e cattedrali, avevano la stessa funzione, di nuovo c’è che tutto avviene on line, in tempo reale.
Come in quella che viene definita “l’economia reale” dei prodotti e delle merci, anche la produzione delle idee, avviene con gli stessi ritmi e le stesse finalità. In realtà le due cose coincidono, il prodotto è sempre più il messaggio.
La definitiva realizzazione della creatività di massa ha portato alla proliferazione dei messaggi, a un consumo inconsapevole, un fast food di forme e contenuti con le caratteristiche di una discarica planetaria.
Diventa vitale tentare una specie di rifondazione del linguaggio, basato su un processo a togliere, che definirei “ecologia della comunicazione”. Operare una scelta radicale per approdare ad una sorta di “astrazione condivisibile” che promuova una “strategia creativa dell’ordine”.
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